Personale dell’artista Sergio Padovani a Fiuggi, rappresentata la nera grazia del creato
Lo diceva Kant che il sublime non è il bello. Diceva che in qualche modo il sublime era più del bello, aveva qualcosa che il bello non aveva. Il sublime fa paura, inquieta e stordisce. Di fronte a un paesaggio armonico, a una figura ben disegnata e colorata non possiamo che stare immobili a osservare. Ecco, questo non è possibile di fronte al sublime: stare immobili, dicevamo, non è possibile. Poi arriva Nietzsche, approfondisce la questione e affonda il colpo con il dionisiaco che è pura ebbrezza dove non ha più importanza separare il buono dal cattivo e il bello dal brutto, tutto va preso così come viene.
Questo per dire che quando scriviamo che i lavori di Sergio Padovani sono sublimi non pensiamo a belli. Stare immobili di fronte a un suo lavoro non è concesso e lo dimostra la sua personale, Morte delle muse, a Fiuggi nell’Officina della memoria e dell’immagine curata da Giovanni Stella. Qui l’artista modenese passa attraverso la tela sentimenti forti e contrastanti che arrivano in pieno viso come un onda gelida, rimanere immobili significa sfidare la figura rappresentata, guardarla negli occhi mentre un brivido di freddo scorre dietro la schiena.
Guardare una mostra di Padovani è stancante e faticoso. Tirare in ballo la sua formazione (da autodidatta, ex musicista) e i suoi maestri (Bosh, Goya e Bacon) non servirebbe un granché per spiegare la sua pittura materica e densa come il fango steso su una tela. E del resto lo dice l’artista stesso: «La bellezza forse è un mostro, è una condizione che può essere tanto magnifica quanto divorante. Tendo a considerare bella l’imperfezione come si può ben immaginare dai miei lavori».
Fino al 23 febbraio; Officina della memoria e dell’immagine, Fiuggi
Francesco Angelucci
(Courtesy INSIDE ART-Guido Talarico Editore)
link all’articolo:
http://www.insideart.eu/2014/01/20/il-sublime-non-e-il-bello/